Una giovanissima coppia e un neonato che portano la povera offerta dei poveri: due tortore, e la più preziosa offerta del mondo: un bambino. Vengono nella casa del Signore e sulla soglia è il Signore che viene loro incontro attraverso due creature intrise di vita e di Spirito, due anziani, Simeone e Anna, occhi stanchi per la vecchiaia e giovani per il desiderio: la vecchiaia del mondo accoglie fra le sue braccia l’eterna giovinezza di Dio. E la liturgia che si compie, in quel cortile aperto a tutti, è naturale e semplice, naturale e perciò divina: Simeone prende in braccio Gesù e benedice Dio. Compie un gesto sacerdotale, una autentica liturgia, possibile a tutti. Un anziano, diventato onda di speranza, una laica sotto l’ala dello Spirito benedicono Dio e il figlio di Dio: la benedizione non è un ufficio d’èlites, ma esubero di gioia che ciascuno può offrire a Dio (R. Virgili).
Anche Maria e Giuseppe sono benedetti, tutta la famiglia viene avvolta da un velo di luce per la benedizione e la profezia di quella coppia di anziani laici, profeti e sacerdoti a un tempo: la benedizione e la profezia non sono riservate ad una categoria sacra, abitano nel cortile aperto a tutti. Lo Spirito aveva rivelato a Simeone che non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia. Parole che sono per me e per te: io non morirò senza aver visto l’offensiva di Dio, l’offensiva della luce già in atto dovunque, l’offensiva mite e possente del lievito e del granello di senape.
Poi Simeone dice tre parole immense su Gesù: egli è qui come caduta, risurrezione, come segno di contraddizione. Gesù come caduta. Caduta dei nostri piccoli o grandi idoli, rovina del nostro mondo di maschere e bugie, della vita insufficiente e malata. Venuto a rovinare tutto ciò che rovina l’uomo, a portare spada e fuoco per tagliare e bruciare ciò che è contro l’umano. Egli è qui per la risurrezione: è la forza che ti fa rialzare quando credi che per te è finita, che ti fa partire anche se hai il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. È qui e assicura che vivere è l’infinita pazienza di ricominciare. Cristo contraddizione del nostro illusorio equilibrio tra il dare e l’avere; che contraddice tutta la mia mediocrità, tutte le mie idee sbagliate su Dio.
Caduta, risurrezione contraddizione. Tre parole che danno respiro e movimento alla vita, con dentro il luminoso potere di far vedere che tutte le cose sono ormai abitate da un oltre. La figura di Anna chiude il grande affresco. Una donna profeta! Un’altra, oltre ad Elisabetta e Maria, capaci di incantarsi davanti a un neonato perché sentono Dio come futuro.
(da Qumran.net) padre Ermes Ronchi